Sono arrivati da Bologna e dalla Toscana per conoscere la storia di Lia Pipitone. «Che strano — dice Marco, uno studente del quarto scientifico — qui, sul luogo del delitto, non c’è nulla che ricordi il suo omicidio». Non è l’unica cosa strana di questa storia. «Oggi, finalmente, mettiamo una targa che ricorda il sacrificio di Lia», annuncia Clara Triolo, della segreteria provinciale di Libera. Una targa che arriva quarant’anni dopo l’omicidio della giovane che fu uccisa per ordine di Cosa nostra, il 23 settembre 1983. «Uccisa nel corso di una finta rapina per il suo desiderio di libertà — dice il manifesto che viene affisso a un tubo del gas di via Papa Sergio — perché libera, perché ribelle al patriarcato mafioso». Ma quarant’anni dopo, Lia Pipitone non ha ancora piena giustizia. L’ennesi- ma stranezza di un’antimafia che viaggia a due velocità.
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