10 febbraio 1986: si apriva lo storico maxiprocesso di Palermo istruito contro Cosa nostra dal pool antimafia, di cui furono protagonisti i giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Una delle prime e più importanti azioni dello Stato in contrasto a Cosa nostra.
Il “maxiprocesso” si apriva trentasei anni fa. Sul banco degli imputati 475 soggetti, per reati legati alla criminalità organizzata: associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione e decine di delitti e una serie di reati minori. Il verdetto complessivo fu pronunciato il 16 dicembre 1987 dalla Corte d’Assise presieduta da Alfonso Giordano con giudice a latere Pietro Grasso, ammontava a 19 ergastoli, 2665 anni di carcere, 11 miliardi e mezzo di lire di multe e 114 assoluzioni. Tra i condannati figuravano i principali boss di Cosa nostra.
A rendere possibile il maxiprocesso ci furono anche le rivelazioni del cosiddetto “boss dei due mondi” Tommaso “Masino” Buscetta che nel 1984, dopo l’estradizione dagli Stati Uniti, fu il primo di quelli che poi sarebbero stati chiamati “pentiti” o “collaboratori di giustizia”. Assieme a lui, si pentì e testimoniò durante il processo anche Salvatore “Totuccio” Contorno.
È in questa occasione che, finalmente, si affermò il reato di mafia. Come dichiarato da Pietro Grasso, fu «lo spartiacque della storia siciliana, l’anno zero della lotta alla mafia».
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