La sentenza del processo denominato “Addio Pizzo” rappresenta per le nostre associazioni un grande risultato, non solo da un punto di vista processuale. Questa sentenza per noi è una tappa di un cammino, equivale a una battaglia vinta, in modo esemplare. E poiché sappiamo bene che la vittoria è tutt’altro che prossima, ragionare sui motivi di questo successo significa anche cominciare a fare un bilancio critico dello stato attuale della lotta al sistema mafioso delle estorsioni…
Oltre alla celerità del processo e alla severità delle condanne (141 anni di carcere per 13 dei 17 imputati mafiosi), ci preme evidenziare e valorizzare questi numeri e questi dati:
Processo Addio Pizzo:
- 13 persone offese assistite dall’Associazione Addiopizzo;
- 1 persona offesa assistita da Confcommercio;
- 0 persone offese assistite dalle altre associazioni di categoria e antiracket di Palermo.
Dal 2007 al 2009:
- 27 processi per estorsione in cui Addiopizzo si è costituita parte civile, di cui
- 15 dove Addiopizzo ha affiancato 35 persone offese;
- Addiopizzo e Confindustria sono le uniche associazioni costituite contro gli operatori economici accusati di favoreggiamento.
Da oggi però Addiopizzo, unitamente a Libero Futuro e alla FAI, cambierà strategia per quanto riguarda la partecipazione ai processi a venire. Poiché il nostro obiettivo è sempre stato e resta una lotta corale, siamo arrivati alla conclusione che d’ora innanzi ci costituiremo parte civile soltanto in quei processi in cui siano presenti anche le persone offese che collaborano con la giustizia, proprio come nel caso del processo “Addio Pizzo”. Considereremo quindi superflua perché puramente formale la nostra partecipazione quando non avremo la possibilità di affiancare in tribunale le vittime del pizzo.
Un processo che scaturisce unicamente dal lavoro investigativo delle forze dell’ordine e della magistratura, senza l’apporto di denuncianti o collaboranti, è un ottimo risultato in sé, ma né noi, né le altre associazioni, né la società civile nel suo insieme possono vantare di avervi apportato alcun contributo. E invece il nostro vuole essere un percorso di autoliberazione e di riconquista della dignità di un intero popolo: puntiamo quindi alla denuncia collettiva e invitiamo le associazioni di categoria, le istituzioni e tutti coloro che dicono di spendersi per la lotta al racket a mettere in campo tutte le proprie forze per raggiungere questo risultato concreto.