Pietro Patti, ingegnere palermitano e imprenditore di una nota fabbrica di mandorle e pistacchi nella zona industriale del quartiere periferico di Brancaccio, viene ucciso il 27 febbraio 1985 con tre colpi esplosi da una calibro 38.
Al momento dell’omicidio era nel pieno centro della città di Palermo, in macchina, nella sua Fiat 127 mentre accompagnava le due figlie a scuola.
Uno dei colpi raggiunse di rimbalzo Gaia (9 anni), ferendola gravemente all’addome mentre l’imprenditore morì sul colpo. “Potevano uccidere l’industriale in via Mondello-Partanna, all’uscita di casa. Hanno scelto il centro della città, e questo non è casuale”, dichiarò il sostituto procuratore Alfredo Morvillo, che parla dell’omicidio di Pietro Patti come di “un’uccisione spettacolare, questioni di ‘pizzo’ e di estorsione”.
Nonostante nei due anni precedenti l’imprenditore Patti avesse già ricevuto diverse intimidazioni da parte di Cosa nostra, l’ingegnere non si lasciò intimidire e continuò a rifiutarsi di pagare le estorsioni: mezzo miliardo di lire era la richiesta.
Pietro Patti non voleva cedere ai condizionamenti e alla prepotenza della criminalità organizzata, la sua forza e il suo coraggio lo avevano spinto ad andare avanti a testa alta e per questo pagò con la vita la sua libertà di uomo e di imprenditore.
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