Un’intensa giornata di dialogo e condivisione, presso la nostra sede in via Lincoln, venerdì 24 novembre, con gli studenti del corso di laurea magistrale in Psicologia dell’Università di Palermo, accompagnati dalla professoressa Cecilia Giordano, docente in Scienze Psicologiche.
Questo incontro non è stato solo un momento di riflessione e confronto, ma un’opportunità costruttiva per raccontare la storia e la mission di Addiopizzo. Uno dei momenti più toccanti è stata la testimonianza di Roberto Cottone, titolare insieme ai fratelli della pizzeria La Braciera, protagonisti di una storia di denuncia e liberazione dal pizzo.
La storia di Roberto, raccontata con cuore e coraggio, ha messo in risalto un percorso lungo ed emotivamente turbolento, fatto di paure, silenzi e incertezze. Tuttavia, ha anche dimostrato come, alla fine, il coraggio di denunciare il pizzo abbia portato alla liberazione.
«All’inizio – ha detto Roberto – non sono mancate le preoccupazioni e gli attimi di paura, ma il desiderio di non pagare, di essere liberi, è stato più forte».
Questa esperienza ha poi consentito di ampliare la riflessione non solo sull’assistenza alle vittime di estorsione, ma anche sulle altre attività strategiche dell’associazione, il consumo critico e l’inclusione sociale nel quartiere Kalsa.
Attraverso la testimonianza di Roberto, gli studenti hanno potuto comprendere appieno il significato del lavoro di ascolto e supporto portato avanti dai professionisti e volontari della nostra associazione.
Durante uno stimolante dibattito, sono emerse curiosità e tante domande sul fenomeno mafioso, spesso percepito come distante ma, come hanno evidenziato le parole di Roberto, mai assente nel vivere quotidiano e, di fronte allo scenario attuale particolarmente complesso, in grado di avere un impatto profondo sulla collettività.
È stato infatti sottolineato, anche in questa occasione, come alcuni imprenditori, specialmente in alcune aree della città e in specifici settori, continuino a pagare le estorsioni senza denunciare e spesso per connivenza. Questo aspetto ha suscitato una considerazione sull’importanza di contrastare il silenzio complice, un passo cruciale verso la costruzione di una comunità libera dal giogo della criminalità organizzata.