A Latina stiamo conoscendo territori e cittadini da tempo aggrediti da clan violenti e spregiudicati; del resto quasi un anno fa la procura distrettuale di Roma e la squadra mobile pontina hanno arrestato decine di persone riconoscendo, per la prima volta, l’esistenza di un’associazione mafiosa autoctona.
Omicidi, faide, suicidi, floride attività economiche in mano a prestanome, estorsioni e danneggiamenti che negli anni hanno generato reticenze, paure, indifferenza e connivenze. Fatti che nell’immaginario collettivo sono stati spesso relegati a regolamenti di conti tra bande. Siamo nel Pontino, anche se per la scarsa percezione collettiva del fenomeno sembra rivivere una storia di rimozione e scarsa consapevolezza già conosciuta alcuni decenni fa in Sicilia.
C’è paura e la cogli nelle parole di chi è stato estorto: commercianti, persino avvocati e commercialisti costretti a cedere al ricatto violento e armato degli estorsori.
C’è anche indifferenza, che percepisci negli atteggiamenti di quelli con cui provi a parlare di questi argomenti e che tendono a derubricare tutto a scontri tra “clan di zingari”.
Per tutto questo a Latina stiamo incontrando commercianti, studenti, professionisti, insegnanti, cittadini, perché siamo consapevoli che qualunque percorso non potrà prescindere dalla parte sana della città.
Non sarà infatti sufficiente il nostro supporto a chi denuncia e saremo destinati a fallire se il resto del contesto rimarrà inerte e indifferente.
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