Confermata in appello la sentenza del processo Octopus dove le vittime di Bagheria si sono ribellate con l’aiuto di Addiopizzo

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È stata confermata in appello la sentenza di condanna di primo grado del processo Octopus, in cui molti degli imputati accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso sono stati condannati e dove alcuni commercianti avevano denunciato con l’ausilio del nostro movimento.

Nel processo ci siamo costituiti parte civile assieme ai titolari del Caffè Verdone di Bagheria, che avevamo accompagnato a denunciare perché erano stati oggetto di soprusi, aggressioni, minacce ed estorsioni finalizzati a imporre la vigilanza privata presso il loro pub.

Con i giovani commercianti di Bagheria entrammo in contatto tempo fa. Erano esausti per le risse scatenate dal nulla e per la preoccupazione di perdere clientela e vanificare i sacrifici fatti fino a quel momento. L’indagine e la conclusione del processo hanno consentito di accertare l’esistenza di un gruppo di persone dedite a imporre la vigilanza privata presso molti locali tra Palermo e Bagheria.

Non è stato un processo semplice: nel corso di alcune udienze si sono registrati momenti di tensione. Del resto, nel silenzio di molti gestori di pub e ristoranti che hanno assunto condotte reticenti persino durante la loro testimonianza, i ragazzi del Caffè Verdone sono stati tra i pochi che, pur rifuggendo da ribalte, oltre a denunciare, con il supporto di Addiopizzo, hanno pure confermato in aula quanto avevano subito.

Una vicenda che dimostra, ove ce ne fosse di bisogno, come esistono le condizioni per denunciare in sicurezza e affrancarsi dal fenomeno estorsivo, anche nella provincia di Palermo.

Quello che appare chiaro anche da questa storia — e ci interessa ribadirlo — è che chi paga per paura riesce a trovare anche dopo tanto tempo una strada per dire basta e affrancarsi dai condizionamenti mafiosi.

Oggi però la maggior parte degli operatori economici che pagano le estorsioni compie tale scelta non per paura ma per convenienza. E su questo è ormai non più rinviabile un aggiornamento dell’analisi e della narrazione sul fenomeno, che non è più quello di venti anni fa e che vede molti di coloro che pagano il pizzo ricercare, più che subire, la “messa a posto”.

 

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