Coerente con la sua funzione etico-formativa, la scuola chiede ai propri fornitori una chiara scelta di campo contro il pizzo.
Il 7 maggio 2008 il direttore generale dell’ufficio scolastico regionale di Sicilia, Guido Di Stefano, emanava una circolare che proponeva a tutte le scuole siciliane di ogni ordine e grado l’impegno per un’economia etica contro il racket delle estorsioni. Cogliendo una sollecitazione del comitato Addiopizzo, il dott. Di Stefano invitava le scuole, attraverso i loro consigli di circolo e di istituto, a indirizzare gli acquisti sulle ditte pizzo-free e, andando anche oltre, a guidare i propri fornitori, obbligandoli a dichiarare per iscritto “espressamente ed in modo solenne” il proprio impegno nella lotta al racket, conditio sine qua si è cancellati dalla lista dei fornitori di istituto.
Oggi, l’iter proposto dall’ufficio scolastico regionale trova risposta da parte di molti istituti, che hanno sottoposto alle ditte interpellate per lavori o forniture il Modulo della dichiarazione d’impegno quale precondizione imprescindibile per qualsiasi rapporto lavorativo. La ditta si obbliga “al non pagamento del pizzo in forme dirette o indirette e al rispetto della legalità nell’esercizio della propria attività economica e di collaborare con le forze di polizia, denunciando ogni tentativo di estorsione, intimidazione o condizionamento di natura criminale”.
Attraverso una delibera del proprio Consiglio d’istituto (di cui alleghiamo una bozza), la scuola è chiamata a prendere consapevolezza che gli acquisti sono scelte tutt’altro che neutre: possono infatti sostenere o un sistema economico legato al pizzo e quindi connivente con il sistema mafioso, o viceversa un’economia pulita, finalmente libera da condizionamenti mafiosi.
Se si pensa a quanto la scuola attraverso i suoi attori penetri nel tessuto sociale si può percepire la portata rilevante dell’iniziativa. Non più poche scuole con pochi dirigenti e docenti sensibili al tema, ma la Scuola siciliana come Istituzione pronta ad imboccare il cammino del consumo critico contro il pizzo schierandosi con concrete scelte economiche a fianco di chi apertamente si oppone al pizzo. Se facciamo nostro l’assunto che la questione economica è fondamentale nella lotta a Cosa nostra, se riconosciamo che il pizzo è anche e soprattutto un mezzo di controllo del territorio, ci rendiamo conto di quanto sia intelligentemente strategico combattere Cosa nostra sullo stesso terreno economico e di controllo del territorio.
Educare alla legalità democratica, vivendola: un vero salto di qualità nella didattica antimafia da effettuare con il contributo di tutti gli operatori della scuola.