Il 1° febbraio 1893, in una carrozza ferroviaria lungo la tratta Termini Imerese – Palermo, Emanuele Notarbartolo di San Giovanni venne assassinato con 27 colpi di pugnale. Di nobili natali e di specchiata integrità morale, Notarbartolo era stimato soprattutto per le sue capacità amministrative, grazie alle quali ricoprì diversi incarichi pubblici nel neonato Regno d’Italia.
In qualità di sindaco di Palermo, promosse varie opere urbanistiche e contrastò la corruzione alle dogane. La sua nomina a direttore generale del Banco di Sicilia segnò un’importante svolta: attuò un risanamento delle finanze, scongiurando il fallimento grazie a una rigorosa stretta creditizia. Tuttavia, con questa politica di austerità si inimicò il Consiglio di amministrazione della Banca, in cui figuravano esponenti politici legati a Cosa Nostra.
Tra questi vi era Raffaele Palizzolo, che fu pubblicamente accusato da Leopoldo Notarbartolo, durante il primo processo presso il tribunale di Milano, di essere il mandante dell’omicidio del padre. Nel 1901, la Corte d’Assise di Bologna condannò Palizzolo a 30 anni di carcere.
Pochi mesi dopo, tuttavia, la Cassazione annullò la sentenza per vizi di forma. Nel frattempo, un nuovo processo si aprì a Firenze, durante il quale un testimone chiave, che aveva deciso di confessare il delitto e di accusare sia il complice sicario sia Palizzolo come mandante, fu trovato impiccato prima di poter deporre. La morte fu ufficialmente classificata come suicidio. A seguito di ciò, tutti gli imputati furono assolti per insufficienza di prove, compreso Palizzolo, che tornò a Palermo accolto da una folla festante. Giustizia non fu fatta.
L’omicidio di Notarbartolo segnò un punto di svolta: per la prima volta si iniziò a parlare di mafia in tutte le sedi istituzionali. Da un lato si discuteva dei rapporti tra mafia e politica, con un certo ammiccamento da parte della polizia e della magistratura; dall’altro, c’era chi negava o sottovalutava l’esistenza della mafia come associazione criminale strutturata.
Fu allora che si comprese come la corruzione della classe dirigente e la mafia potessero diventare parte integrante del sistema politico ed economico del Paese. E così, di fatto, avvenne.