Giovanni Spampinato nasce a Ragusa nel 1946. Studia Filosofia a Catania e, dopo la laurea, nutre la sua grande passione: il giornalismo. Entra così, a soli 23 anni, nella redazione dell’Ora di Palermo, organo di stampa del PCI siciliano. Seguendo la linea del giornale comincia ad indagare sulla sua città e sulla “provincia babba”.
Non a caso, infatti, scopre che il ragusano non è un luogo così tranquillo come sembra. Da una serie di indagini e inchieste emergono notizie sconvolgenti: dalla presenza in città del noto terrorista Stefano Delle Chiaie, passando per riorganizzazione in loco di gruppi neofascisti e arrivando ai rapporti tra mafia e politica.
Su quest’ultimo punto battè molto la penna del giornalista, soprattutto dopo un omicidio “eccellente”: l’assassinio dell’ingegnere Tumino. L’ex consigliere comunale di MSI viene freddato il 26 febbraio 1972 e le ricerche di Giovanni danno sempre più manforte a una possibile collusione tra mafia, politica e istituzioni. Quello che emerge è un sottile filo che porta a Roberto Campria, figlio di un magistrato di Ragusa. Mentre il caso viene lentamente insabbiato maturano gli ennesimi dubbi sull’omicidio del missino e queste domande stimolano Spampinato ad attaccare i presunti responsabili: trema il potere.
Campria chiede un incontro a Spampinato ed è lì che il giornalista troverà la sua fine. Le dinamiche della morte del cronista non sono ancora chiare ma l’assassino verrà assicurato alla giustizia anche se, rispetto ai 21 anni richiesti, ne sconterà solo 8 anni nel manicomio di Barcellona Pozzo di Gotto.
Oggi il contesto della morte di Spampinato è ancora poco chiaro e la recente riapertura del caso Tumino potrebbe far luce sull’ennesima zona d’ombra italiana che, come la storia contemporanea ci ha insegnato, potrebbe rimanere lontana dalla verità e dal compimento di essa.