Il 15 settembre 1993, Palermo, nel cuore del quartiere Brancaccio, veniva privata di uno dei suoi cittadini più coraggiosi, Padre Pino Puglisi. Il sacerdote impegnato a strappare dalla cattiva strada i giovani del quartiere e a migliorare le condizioni di vita dei suoi abitanti, veniva brutalmente ucciso per mano mafiosa. Oggi, trent’anni dopo, resta fondamentale continuare a ricordarne il suo impegno. La sua missione era chiara: offrire un’alternativa educativa e sociale ai bambini e ai ragazzi di Brancaccio per sottrarli a fenomeni di devianza e di criminalità organizzata che ancora oggi investono un quartiere sospeso tra speranza e disincanto.
Don Pino, come amava essere chiamato, credeva fermamente che la mafia non potesse essere sconfitta solo con le proteste e le denunce, ma richiedesse anche azioni ed interventi concreti.
“Credo a tutte le forme di studio, di approfondimento e di protesta contro la mafia. La mafiosità si nutre di una cultura e la diffonde: la cultura dell’illegalità. La cultura sottesa alla mafia è la svendita del valore della dignità umana. E i discorsi, la diffusione di una cultura diversa, sono di grande importanza. Ma dobbiamo stare molto attenti che non ci si fermi alle proteste, ai cortei, alle denunce. Se ci si ferma a questo, sono soltanto parole. Le parole vanno convalidate dai fatti.”
(Beato Giuseppe Puglisi)
Nel trentennale della sua morte vi condividiamo il programma di iniziative a cura del Centro di Accoglienza Padre Nostro.