Il primo febbraio di 131 anni fa veniva compiuto il primo omicidio eccellente di mafia: quello di Emanuele Notarbartolo, ex sindaco di Palermo ed ex Direttore del Banco di Sicilia.
Di nobili origini, si appassiona ben presto alla politica, abbracciando il liberalismo moderato. Si forma in giro per l’Europa, in Italia settentrionale e a Firenze. Nel 1860 si arruola coi Garibaldini e partecipa allo sbarco a Marsala, mentre la sua carriera politica vera e propria inizia nel 1865 con la carica di Assessore alla Polizia urbana.
Nel 1873 la sua fama di amministratore rigoroso e incorruttibile fa indicare il suo nome dalla coalizione liberale come Sindaco di Palermo, incarico che ricoprirà fino al 1876, contraddistinguendosi per la lotta alla corruzione e la messa in sesto delle casse comunali.
Lascia Palazzo delle Aquile in seguito alla sua nomina alla direzione del Banco di Sicilia, le cui finanze necessitavano di un urgente risanamento, che Notarbartolo attuò con una stretta creditizia, la quale gli inimicò il Consiglio d’amministrazione della banca, in cui vi erano diversi politici legati a doppio filo con Cosa nostra. Nel 1887, divenuto capo del Governo nazionale Francesco Crispi, suo rivale politico a Palermo, la posizione di Notarbartolo andò inclinandosi sempre di più, finché nel 1890 il Governo non decretò lo scioglimento dell’amministrazione della banca.
Quando, in seguito allo scandalo della Banca Romana del 1892, Notarbartolo chiede di poter fare dichiarazioni spontanee alla Commissione parlamentare d’inchiesta in merito alle malversazioni attorno al Banco di Sicilia, viene ucciso con 27 coltellate e gettato fuori dal finestrino del treno a Trabia, mentre tornava da Sciara a Palermo.
Compiere in modo intransigente e zelante il proprio dovere ogni giorno, nei ruoli che ci ritroviamo a ricoprire: questo ci ha insegnato Emanuele Notarbartolo.
