LA NOSTRA RIFLESSIONE A TRENT’ANNI DALLA MORTE DI LIBERO GRASSI

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27 Agosto 2021

In occasione del trentesimo anniversario della morte di Libero Grassi, riportiamo una nostra riflessione pubblicata sul sito de L’Espresso e sul prossimo numero del settimanale in uscita domenica 29 agosto.

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Oltre le denunce, servono diritti fondamentali e qualità del consenso

Trent’anni – quelli che ci separano dall’assassinio di Libero Grassi – sono un arco di tempo che impone una riflessione sullo stato della lotta alla mafia, su quello che è stato compiuto in questo periodo, sui passi in avanti prodotti e su quanto invece ancora necessita di essere fatto. Di certo, innanzitutto, possiamo rilevare come, rispetto alla stagione in cui si consumò l’omicidio dell’imprenditore tessile siciliano, oggi a Palermo, nonostante il fenomeno delle estorsioni resti presente, grazie al lavoro di forze dell’ordine e magistrati e alla rete di Consumo critico Addiopizzo si è creata una alternativa alla condizione, per tanto tempo ineluttabile, di tacere e pagare.

grazie Libero_striscioneOggi la scelta di opporsi, oltre a essere possibile, non ha nemmeno bisogno del clamore a cui fu costretto, suo malgrado, Libero Grassi. Per questo riteniamo non sia più il tempo di narrazioni eroiche che, oltre a risultare fuorvianti, allontanano la gente da una lotta che ha bisogno di esempi di normalità, praticati più che proclamati. A Palermo negli ultimi diciassette anni, ovvero dalla nascita di Addiopizzo in quel giugno 2004, in centinaia, tra imprenditori e commercianti vessati dalla mafia, hanno trovato la forza e il coraggio di denunciare.

L’hanno fatto – questa la nostra mission e la nostra soddisfazione maggiore – il più delle volte riuscendo a proseguire il loro lavoro in condizioni di normalità e rifuggendo da ribalte eroiche. Tuttavia, per alcune vittime oggi la partita decisiva non si gioca tanto sul terreno della scelta di denunciare, quanto sulla possibilità di continuare il proprio lavoro senza conseguenze in termini di isolamento ambientale ed economico dopo essersi opposte.

logo-umanoSu questo tema – è importante sottolinearlo – c’è ancora molta strada da fare sul piano del coinvolgimento sia del tessuto sociale che delle associazioni datoriali, degli istituti di credito e della politica, affinché chi denuncia non patisca la medesima condizione di isolamento subita da Libero Grassi e che, alla fine dei conti, rappresentò il punto debole della sua denuncia, che lo portò alla morte quel 29 agosto 1991.
A tal proposito diventa quantomai fondamentale sottolineare il valore strategico del Consumo critico antiracket, concepito a Palermo da Addiopizzo nel 2004 che, se fosse praticato diffusamente da cittadini e istituzioni nei confronti di esercizi commerciali e imprese che denunciano, potrebbe colmare l’isolamento economico che si crea in alcuni casi attorno a chi si oppone alle estorsioni.

A trent’anni dall’assassinio di Libero Grassi nel nostro Paese, seppure siano stati fatti molti passi avanti, c’è ancora chi paga per paura e – va detto – chi anche per convenienza.
Questi ultimi sono operatori economici che instaurano con la criminalità organizzata relazioni di do ut des e rapporti di connivenza, nell’ambito dei quali si rivolgono ai loro stessi taglieggiatori per recuperare crediti, risolvere problemi di vicinato, scalzare concorrenti e dirimere controversie sindacali.
Chi paga per paura invece – abbiamo sperimentato con il tempo – vive e opera spesso in aree dove diritti fondamentali come quelli al lavoro, alla casa, alla salute e all’istruzione con l’accesso alle tecnologie informatiche, rimangono un miraggio per tanti. E vedendo come in molti territori e periferie l’emergenza abitativa cresca, l’occupazione cali, la dispersione scolastica aumenti e il diritto alla salute si assottigli, non possiamo non ribadire che i fenomeni criminali sono destinati a perpetuarsi e, in certi casi, a trasformarsi in ammortizzatori sociali. Si gioca su questo versante una battaglia strategica e decisiva nella lotta dello Stato al fenomeno mafioso, che deve coinvolgere a pieno tutte le sue forze sane per sradicare la malapianta criminale dal tessuto sociale in cui è purtroppo profondamente attecchita.

Quello che in questo momento di pandemia più preoccupa non è solo la recrudescenza dell’usura e del condizionamento mafioso ai danni di imprese e famiglie in difficoltà. Rispetto a tale preoccupazione magistrati e forze dell’ordine continuano a operare efficacemente liberando vittime di estorsione, pezzi di territorio e di economia dal controllo delle organizzazioni criminali.
Quello che più inquieta è che i vuoti opportunamente creati dall’azione repressiva possano, in questo periodo drammatico, diventare voragini se non si investe su lavoro, politiche sociali e, non ultimo, su quella “qualità del consenso” di cui parlava Libero Grassi, che sosteneva la necessità di mettere al bando “la cattiva raccolta di voti” per promuovere buone leggi e buon governo.

Per queste ragioni, a trent’anni dall’assassinio di Libero Grassi, è nostra convinzione che non sia più sufficiente supportare chi denuncia ma occorre che le associazioni antiracket vadano oltre: diventa decisivo, in questo frangente, orientare strategie e azioni per facilitare l’accesso a diritti fondamentali e ridurre le condizioni di povertà e ingiustizia che contribuiscono ad alimentare fenomeni criminali e di illegalità diffusa. Parafrasando il titolo di una pubblicazione curata da Umberto Santino sull’incontro che si svolse il 4 maggio del 1991, presso l’aula consiliare di Palermo in sostegno a Libero Grassi, riproponiamo il fulcro di quella riflessione, chiedendoci “Mafia o sviluppo?”.

striscione_popolo liberoSiamo a un momento di svolta nel nostro Paese in cui la lotta alle mafie può essere decisiva se rilanciata nella direzione di superare le disuguaglianze e la crisi sociale ed economica aggravatesi con la pandemia.

Dipende da noi. Dipende da cosa vorremo e da come ci porremo nei confronti delle questioni e dei nodi critici legati alla presenza e alla forza del fenomeno mafioso nel nostro territorio. Dipende da che parte vorremo stare. Consapevoli che, non prendendo posizione, staremo schierati dalla parte degli interessi di Cosa Nostra e delle sue logiche predatorie criminali.

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