Il 31 marzo di quarant’anni fa la mafia compiva il primo omicidio nel Salento, in particolare ai danni di una donna 33enne: Renata Fonte.
Renata era Consigliera e Assessora Comunale del suo paese d’origine: Nardò, in provincia di Lecce. I suoi doveri di amministratrice cominciano a collidere con gli interessi mafiosi quando Renata impedisce che vengano portati a termine gli illeciti ambientali, le lottizzazioni cementizie e le oscure speculazioni edilizie in atto nella zona di Porto Selvaggio. Forte e inflessibile anche innanzi alle minacce,
Renata viene messa fuori dei giochi quando viene assassinata quasi davanti la sua abitazione con tre colpi di pistola, mentre era di ritorno dal Consiglio comunale. Come mandante dell’omicidio venne condannato Antonio Spagnolo, collega di partito di Fonte, che era stato da lei scalzato nell’elezione al Consiglio comunale, in cui lui avrebbe dovuto garantire a coloro che intendevano speculare su Porto Selvaggio di compiere indisturbati i loro affari.
Gli esecutori materiali furono, invece, Giuseppe Durante e Marcello My. Fra il primo e i due killer a fare da intermediario furono Mario Cesari e Pantaleo Sequestro. Oggi, grazie anche al sacrificio di Renata, quella di Porto Selvaggio è una riserva naturale, all’interno del quale è stata descritta un’orchidea a cui è stato dato proprio il nome di Ophrys x sivana nothosubsp. renatafontae.